Arte e Cultura in Sicilia

Da “Bedda Matri” ad “Amunì”: la top 10 dei modi di dire siciliani impossibili da tradurre

Sicilia, fonte foto Pixabay

Stai per organizzare la tua prima vacanza in Sicilia e non vuoi farti trovare impreparato sui modi di dire, frasi d’effetto e colpi di scena da salotto? Che la tua sia semplice curiosità oppure viva esigenza di dialogare con i volti tipici dello street food (e non solo), ti faremo scoprire le frasi più utilizzate per non farti cogliere impreparato. Da questo momento, nessuno avrà mai il coraggio di dirti: “Hai capito cosa significa?”.

La top 10 dei modi di dire siciliani

Sicilia, fonte foto Pixabay

Sicilia, fonte foto Pixabay

La Sicilia è una delle regioni più affascinanti e suggestive d’Italia, con la sua ineguagliabile cultura ricca e variegata che si esprime anche attraverso una lingua unica e piena di modi di dire, talvolta buffi e irriverenti.

Molti di questi modi di dire sono impossibili da tradurre perfettamente nelle lingua italiana, poiché riflettono la storia, le tradizioni e l’identità della Sicilia.

Il perfetto mix di storia, cultura e tradizioni, regalano all’Isola del sud delle espressioni idiomatiche uniche, talvolta ironiche, altre che ti faranno riflettere.

In questo articolo ti faremo esplorare la top 10 dei modi di dire siciliani impossibili da tradurre (e di cui non potrai più fare a meno).

Bedda Matri

“Bedda Matri” (“Bella madre!”): questo modo di dire viene utilizzato per esprimere sorpresa, ammirazione o gratitudine. Non ha una traduzione esatta in italiano, ma l’uso della parola “madre” lo si può ‘tradurre’ con la grande importanza che la figura della mamma ha nella cultura siciliana.

In quale contesto puoi utilizzarla? Di fronte ad un vassoio di cannoli particolarmente golosi un “bedda Matri” calzerà a pennello, fidati!

Anche di fronte ad una opera d’arte incantevole e mentre farai un giro nei posti suggestivi che stai visitando. Lo stupore e l’incanto di “bedda Matri” farà immediatamente parte di te come se fosse una esclamazione che ti accompagna da sempre.

“Si nuddu miscatu cu nenti”

“Si nuddu miscatu cu nenti” (“Sei nessuno mischiato con niente”): questa affermazione è piuttosto grave ed offensiva per i siciliani. Indica una persona di cui non si possiede alcun tipo di stima e nemmeno rispetto tanto da essere impossibilitato a dargli una sua collocazione nel mondo.

Questo modo di dire è così famoso e utilizzato tanto da essere stato inserito nel film “I Cento passi”, pellicola che data 2000 diretta da Marco Tullio Giordana e che narra la vera storia di Peppino Impastato, ucciso dalla mafia proprio mentre le brigate rosse toglievano la vita anche ad Aldo Moro.

“Unni ti facisti a ‘stati, ti fai u ‘mbiennu”

“Unni ti facisti a ‘stati, ti fai u ‘mbiennu” (“Dove ti sei fatto l’estate ti fai anche l’inverno”): nonostante la sua traduzione in italiano, questa frase in particolare non rende del tutto il suo significato.

I siciliani però, la utilizzano soprattutto per polemizzare contro qualcuno che si fa vivo nella loro vita solamente per convenienza.

Ti facciamo un esempio: hai una piscina che utilizzi d’estate ed i tuoi amici ti vengono a trovare a casa solamente durante la bella stagione? Ecco, in questo caso, questo modo di dire calza a pennello.

“Comu veni, si cunta”

“Comu veni, si cunta” (“Come viene si racconta”): questo modo di dire fa riferimento ad un modo di affrontare la vita in maniera più leggera e senza farsi troppe aspettative su ciò che potrebbe accadere. Vuoi un esempio? Hai appena acquistato una macchina ma non hai i soldi per poterla mantenere in caso di guasti? “Comu veni si cunta!”, per la serie, quando accadrà capirò come fare.

“Unni voli mancu a broru”

“Unni voli mancu a broru” (“Non riesce a capire neanche in forma liquida/brodo”): si dice quando si ha di fronte una persona incapace di comprendere quello che gli viene detto, anche nelle situazioni più semplici.

Vuoi un esempio? Il classico somaro della classe, nella maggior parte dei casi sarà “etichettato” in questo modo.

Sicilia, fonte foto Pixabay

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“A tia talìu”

“A tia talìu” (letteralmente: “A te guardo/Ti sto guardando”): questo è il classico avvertimento preferito dai genitori siciliani quando ti danno il permesso di fare qualcosa che viene considerato pericoloso.

Ti veniamo in soccorso con un esempio. Se hanno paura che tu possa guidare la moto, una volta che ti avranno dato il permesso ti consegneranno le chiavi esclamando questo modo di dire per farti sapere che ti terranno d’occhio.

“Lassari in tririci”

“Lassari in tririci” (letteralmente: “lasciare in tredici”): questo modo di dire rende perfettamente l’idea se associato ad un esempio. Se qualcuno con il quale avevi un appuntamento decide di disertare senza nemmeno avvertiti, ti ha ufficialmente tirato un bidone e quindi “lasciato in tredici”. Oppure se qualcuno ti sta aiutando e “sparisce” senza una spiegazione logica né alcun preavviso, ti ha “lasciato in tredici” nel momento del bisogno.

Questo modo di dire ha una componente religiosa. Il riferimento è all’ultima cena di Gesù Cristo con i 12 apostoli (13 a tavola, cosa che non andrebbe mai fatta). Giuda Escariota tradendo la fiducia di Gesù Cristo lasciò gli apostoli (per l’appunto 12, con Gesù il tredicesimo). Per questo essere in 13 a tavola non sarebbe di buon auspicio.

“Camurrìa”

“Camurrìa” (“Scocciatura/seccatura”): tra i modi di dire siciliani più conosciuti anche fuori dalla Sicilia. Significa “fastidio”, “lamentela”. Indica una situazione di disagio che ti sta generando noia.

Questo modo di dire potrebbe essere utilizzato anche da un fratello maggiore costretto dalla mamma ad uscire con la sorellina: “Mamma chi camurrìa!”.

Per quanto riguarda la sua etimologia ci sono parecchi dubbi in merito. Alcuni sostengono che possa essere nata dal nome di una malattia venerea e altri sostengono che derivi da “camula”, ovvero “tarlo”.

“Parlari tischi-toschi”

“Parlari tischi-toschi” (“Parlare in modo altezzoso”): tra i modi di dire della bellissima Sicilia, questo è sicuramente uno dei più divertenti.

Quando vuoi darti un tono nel parlare usando un linguaggio forbito e pieno di parole pompose (cercando pure di camuffare l’accento), potresti incorrere nell’amico di turno che ti apostroferà come uno che “parla tischi-toschi”.

I tischi-toschi sono i toscani e, generalmente, chi parla in questo modo sta cercando di fare l’altezzoso e il superbo.

“Amunì”

“Amunì” (“Andiamo”): questo è senza ombra di dubbio uno dei modi di dire siciliani più diffusi, conosciuti ed apprezzati anche dal resto dell’Italia. Può significare molte cose ed è utilizzato in differenti situazioni.

“Amunì” è patrimonio palermitano che esiste pure nella variante “Amunìnni” e significa “andiamo”: in sintesi è un incoraggiamento a darsi una mossa e velocizzare i tempi.

Per farti un esempio ad hoc, può corrispondere al classico “Mena” salentino oppure “Jamm Bell ja” se sei campano e “Daje” se vieni dal Lazio.

Questi sono solo alcuni esempi dei numerosi modi di dire siciliani impossibili da tradurre esattamente in altre lingue e che abbiamo raccolto in una immaginaria ‘top ten’.

Sicilia, fonte foto Pixabay

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La Sicilia, essendo una terra così ricca di storia e cultura, possiede infinite espressioni idiomatiche che riflettono la sua unicità e la sua diversità. Ma anche i suoi colori e tutto il folklore di questa terra.

Conoscere i principali modi di dire ti potrà aiutare a comprendere meglio la cultura siciliana e a comunicare nel migliore dei modi con le persone dell’Isola.

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