Il cannolo, si tratti di quello classico con scorza e crema di ricotta, della versione extralarge trapanese con ricotta grezza e minor contenuto di zucchero, oppure spolverizzata con granella di pistacchi o nocciole, è uno dei simboli identificativi della Sicilia.
Conosciuto ormai in ogni parte del globo, la cialda fritta a forma di tubo ripiena di ricotta di pecora vanta una storia antichissima, anche se non ancora chiarita del tutto. Le notizie sul simbolo dell’arte dolciaria sicula non sono infatti documentate, rendendo di conseguenza complicato dare vita ad una ricostruzione priva di zone d’ombra. Quanto emerso sinora, però, ci permette di riuscire a delinearne i contorni senza eccessivi timori di trasformarne la storia in una leggenda vera e propria.
Le origini antichissime del cannolo
Il punto da cui si può partire è proprio rappresentato dalle origini, che sono in effetti antichissime. A testimoniarlo è Cicerone, il quale fu profondamente colpito da quello che descrisse come un “Tubus farinarius dulcissimo edulio ex lacte fartus”, ovvero un tubo di farina ripieno di morbida crema di latte.
Elaborata nel corso di un viaggio in Sicilia risalente al 70 a.C., la descrizione sembra attagliarsi alla perfezione al cannolo, anche se in una versione non ancora definita e codificata.
Se questa può essere considerata la prima testimonianza storica relativa al cannolo, occorre saltare molti secoli per trovare una prima ipotesi di carattere storico, in questo caso legata alla dominazione araba.
Se è vero, infatti, che la ricotta è un prodotto comparso nell’isola prima del loro arrivo, proprio gli arabi sarebbero gli autori della sua miscela con lo zucchero, grazie alla quale si sarebbe formata la squisita crema base della pasticceria isolana.
Se l’ipotesi storica sembra avere fondamenta abbastanza solide, occorre anche sottolineare come a questo punto le cose si complichino non poco, a causa dell’esistenza di due versioni entrambe comunque ambientate a Caltanissetta.
Secondo la prima, sponsorizzata da alcuni storici, il luogo di nascita del cannolo sarebbe un convento, attribuendo alle suore di clausura il merito di aver ripreso e rielaborato l’antica ricetta. Altri, invece, propendono per un’ipotesi di segno completamente opposto, basata sull’utilizzo di una vecchia ricetta saracena e su un suo adattamento ai tipici ingredienti siciliani all’interno degli harem che, in quel lasso di tempo, caratterizzavano il centro nisseno.
L’ipotesi di Gaetano Basile
Tra le più suggestive, occorre a questo punto ricordare l’ipotesi del giornalista e storico Gaetano Basile, secondo il quale le origini del cannolo affonderebbero nell’atmosfera ludica del carnevale. In pratica, gli ideatori avrebbero inteso dare vita ad un vero e proprio scherzo culinario, qualcosa che fosse in grado di risultare non solo irriverente, ma anche divertente.
Cosa più di un dolce dalla forma fallica sarebbe potuto riuscire nell’intento? A spiegare i tagli su entrambi i lati che ancora oggi caratterizzano il dolce sarebbe proprio la necessità di non forzare troppo la mano sul versante dell’irriverenza.
Un atteggiamento che, del resto, non doveva latitare neanche in ambienti insospettabili come quelli religiosi, se si pensa che, tra le ipotesi attualmente più accreditate, ce n’è una riguardante le monache ospitate all’interno del Convento di Santa Maria di Monte Oliveto a Palermo, posizionato alle spalle della Cattedrale. In questo caso, il cannolo sarebbe semplicemente il risultato di uno scherzo, quello congegnato dalle religiose, riempendo una vasca con crema di ricotta, per poi sostituire i rubinetti con la scorza dei cannoli. A suffragio di questa tesi occorre a questo punto ricordare come cannolo, in siciliano, significa effettivamente rubinetto. Divergenti invece le tesi sul destinatario dello scherzo: in una versione sarebbe stato un sacerdote, in altre rispettivamente le novizie del convento di clausura o, ancora, i parenti in visita il giorno di carnevale alle ospiti.
Da queste ipotesi, sembra comunque scaturire una prima certezza, quella del cannolo dolce tipico del carnevale. Certezza che, però, sembra non essere gradita da coloro che lo mangiano lungo tutto il corso dell’anno, degustandolo con grande soddisfazione. Come dargli torto?
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