Storie dalla Sicilia

Gustavo e Antonio Branca, i padri della chirurgia plastica erano siciliani

Gustavo e Antonio Branca, i padri della chirurgia plastica erano siciliani

La chirurgia plastica è ormai da tempo estremamente popolare. Una popolarità derivante dal fatto che questo ramo della chirurgia va ad occuparsi della ricostruzione di diverse tipologie di tessuti (cute, sottocute, muscoli) dell’organismo umano e della correzione di deformità a loro carico. Dando luogo ad importanti risultati sia da un punto di vista funzionale che estetico. E andando in tal modo a riparare sia i difetti congeniti, ovvero presenti all’atto della nascita, sia quelli acquisiti, che possono essere a loro volta causati da malattie, traumi o pregressi interventi chirurgici. Riuscendo in tal modo a ripristinare la funzione dei tessuti in maniera tale da avvicinarli, per quanto possibile, alla norma.

Pochi, però, sanno che in Italia, e precisamente in Sicilia, sono da trovare le prime tracce di questa attività, già nel corso del XV secolo. A proporre questi primi interventi, tanto da essere considerati da più parti i padri della chirurgia plastica, furono Gustavo e Antonio Branca. Andiamo quindi a vedere più da vicino la questione.

I primi passi della chirurgia plastica

La chirurgia plastica, per quanto possa sembrare incredibile, mosse i suoi primi passi già nel 2000 a.C., quando in India e in Egitto furono eseguiti i primi interventi tesi alla ricostruzione del naso. Una attività indotta dalla necessità di porre riparo, per quanto possibile, ai danni provocati dalla sua amputazione, la quale veniva inflitta a coloro che si erano macchiati del reato di adulterio o di altri crimini considerati molto gravi dalle autorità dell’epoca.

Una tecnica che fu non solo ripresa, ma anche descritta in maniera dettagliata da Sushruta nel Samhità, un trattato di chirurgia Hindù il quale fu composto intorno all’800 a.C., e al cui interno è descritto l’utilizzo di lembi cutanei per la ricostruzione della piramide nasale, i quali venivano prelevati dalla fronte e dalle guance degli interessati.

Monumento raffigurante Sushruta a Haridwar (India)

Monumento raffigurante Sushruta a Haridwar (India)

Anche nel corso dell’età Romana la tecnica per la ricostruzione del naso fu utilizzata, tanto da essere oggetto di descrizione da parte di Aulo Cornelio Celso (25 a.C. – 50 d.C.) nel suo trattato “De Medicina”.

Da quel momento, però, la rinoplastica scomparve per dieci lunghi secoli, per poi riapparire alla stregua di un fiume carsico. Le notizie al riguardo possono essere osservate nel trattato di chirurgia “La Rolandina”, in cui maestro Rolando Capezzuti di Parma descrive il suo modo di intervenire. Oltre che all’interno del trattato “Chirurgia” di Enrico di Mondeville. Si trattava però di attività abbastanza isolate e sporadiche, tanto che soltanto nel XV secolo la rinoplastica sarebbe assurta al rango di una tecnica chirurgica vera e propria, andandosi in tal modo a distinguere dalla chirurgia generale.

Con Gustavo e Antonio Branca la rinoplastica fece passi da gigante

La ricostruzione nasale praticata in Europa all’inizio del XV secolo, era ancora avvolta dalla massima segretezza. Della quale riuscirono ad avvantaggiarsi in particolare due chirurghi. Il primo era tedesco, Heinrich von Pfalzpaint, l’altro un italiano, Gustavo Branca (nato negli anni trenta del quattrocento), uno specialista in tema di ferite che gestiva una proficua attività privata a Catania.

Il metodo da lui introdotto ottenne un sigillo ufficiale dal re di Sicilia Ferdinando I, che lo autorizzò insieme ai suoi discendenti ad utilizzarlo nel 1432. L’intervento prevedeva l’utilizzazione di lembi cutanei delle guance e della zona interna della bocca al fine di rivestire le lesioni e ricostruire le narici. Riprendendo in tal modo la tecnica descritta da Sushruta, ma essendo ostacolata da un limite di non poco conto, lasciando cioè notevoli cicatrici sul volto della persona coinvolta.

Gaspare Tagliacozzi, De curtorum chirurgia per insitionem (1597), Il cosiddetto metodo rinoplastico italiano, la ricostruzione del naso per mezzo di un lembo di pelle preso dal braccio, descritto per la prima volta da Tagliacozzi. Il metodo italiano si distingue da quello antico Indù, nel quale un lembo di pelle veniva prelevato dalla fronte.

Gaspare Tagliacozzi, De curtorum chirurgia per insitionem (1597), Il cosiddetto metodo rinoplastico italiano, la ricostruzione del naso per mezzo di un lembo di pelle preso dal braccio, descritto per la prima volta da Tagliacozzi. Il metodo italiano si distingue da quello antico Indù, nel quale un lembo di pelle veniva prelevato dalla fronte.

Ad ovviare in maniera decisiva fu il figlio, Antonio Branca, il quale adottò una tecnica tale da prevedere l’utilizzo di un lembo peduncolato del braccio, che doveva restare unito al moncone del naso per un periodo di tempo in grado di rivelarsi sufficiente al fine di consentire la ricostruzione e la rivascolarizzazione dei tessuti utilizzati per la ricostruzione della piramide nasale. Una tecnica non solo più laboriosa della precedente, ma anche foriera di grandi sofferenze. Ma che consentiva infine di non lasciare tracce troppo evidenti dell’avvenuto intervento. Una buona ricompensa per circa 20 giorni necessari all’uopo.

Occorre sottolineare a questo punto che i chirurghi dell’epoca non erano in possesso di basi mediche o scientifiche. Anzi, molto spesso si trattava di barbieri, ovvero di persone che avevano imparato ad usare il rasoio nell’ambito della propria attività. Tendendo di conseguenza a tenere segrete le tecniche utilizzate, come del resto fecero Gustavo e Antonio Branca, portandosi nella tomba i segreti delle operazioni portate avanti nel corso del tempo. Tenendo di conseguenza lontani gli osservatori in grado di rubarli e intaccarne le fortune.

La Sicilia, però, ancora per decenni detenne un ruolo estremamente importante nella storia della rinoplastica. Grazie all’utilizzazione della stessa tecnica proposta dai Branca ad opera di due persone di stanza a Tropea, ovvero Paolo e Pietro Vianeo, i quali la eseguirono in svariate occasioni tra il 1540 e il 1565.

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