La Sicilia è una delle regioni italiane dove la qualità agroalimentare è più elevata. A concorrere alla sua formazione un gran numero di prodotti tipici, che fanno dell’isola una sorta di paradiso dei buongustai.

All’interno di questo panorama rientrano anche alcuni formaggi storici, di cui si cerca di preservare le caratteristiche per non doverne registrare la perdita. Un novero che vede la presenza di Ragusano DOP, Provola dei Nebrodi e Iblea, Vastedda Valle del Belice DOP, Maiorchino, Tumazzo Modicano e molti altri. Tra i quali, un posto di riguardo spetta alla Tuma. Andiamo quindi a conoscerla da vicino.

Cos’è la Tuma?

La Tuma è uno dei formaggi siciliani più noti in assoluto. Con questa denominazione si va ad indicare in pratica un determinato grado di stagionatura del formaggio di pecora, oltre che il prodotto in sé. La Tuma, o Toma, è infatti un formaggio fresco alla cui produzione possono contribuire latte ovino, vaccino, oppure una mistura da essi formata.

Occorre anche precisare che il suo nome ricorda da vicino quello di formaggi come la Toma piemontese, o la Tome francese. Si tratta però di un formaggio tipico siciliano, prodotto senza alcuna aggiunta di sale, da consumare fresco o al massimo entro due settimane dalla sua produzione. Quello prodotto invece in Francia, Piemonte e Valle d’Aosta prevede l’utilizzo di altri metodi di lavorazione e sapori diversi. Una differenza di non poco conto.

Le ricette con la Tuma

La tuma, in dialetto tumma, presenta un sapore assolutamente inconfondibile. Tale da farne un notevole ingrediente per molte ricette della tradizione siciliana, a partire dalla tipica focaccia messinese, guarnita da fettine di tuma, scarola, pomodorini ed acciughe.

Altro notevole utilizzo è quello possibile negli arancini e nella scacciata, oltre che all’interno di saporiti timballi. Non manca chi la utilizza alla stregua di un antipasto, ad esempio fritta, oppure come ripieno per panzerotti gustosi. A Pantelleria è ad esempio accompagnata dai prodotti tipici locali, a partire dai capperi.

E, ancora, è in grado di insaporire la pizza, oltre a risultare eccellente nel pani cunzatu, dove viene accompagnata da acciughe e olio, naturalmente isolano. Senza sottovalutare la sua funzione di ingrediente per la frittata, dove va a mixarsi alla grande con nocciole, miele e vino rosso.

Può anche essere preparata alla piastra, avendo cura di aggiungere poco olio e girarla su entrambi i lati. Mentre fritta può essere passata prima nell’uovo e poi nel pangrattato. Una volta che ognuno dei lati sia stato fatto dorare la si può lasciare sulla carta assorbente per asciugarla per poi servirne le fette calde.

Anche i dolci sono in grado di sfruttarne il sapore. Basti pensare in tal senso all’ormai famoso Sfoglio di Polizzi Generosa, il quale prevede al suo interno un ripieno di Tuma.

L’arte del formaggio in Sicilia

L’arte del formaggio è molto diffusa nell’hinterland siciliano, vantando peraltro origini molto antiche. Basti pensare al riguardo che già Plinio il Vecchio (23-79 d.C.) accennava ai pecorini di Agrigento all’interno della sua Naturalis Historia. Per capirne il livello già raggiunto, occorre ricordare il tono entusiastico da lui adottato per descriverli alla stregua dei migliori mai mangiati.

Da allora la produzione di formaggi nell’isola ha continuato a prosperare, dando vita ad un paniere di prodotti che, ancora oggi, rappresentano un vero e proprio vanto per la Sicilia.

Paradossalmente, a preservarne caratteristiche e bontà è stata proprio la difficoltà di commercializzarli in maniera adeguata. In tal modo il settore caseario è rimasto spesso confinato ad un livello artigianale, con vantaggi di non poco conto dal punto di vista qualitativo. In pratica, chi intende gustare i tanti sapori siciliani del settore ha spesso un solo modo per farlo: dare vita a speciali percorsi in cui i sapori vanno ad intrecciarsi in maniera indissolubile con uno stile di vita in cui la qualità è destinata ad essere esaltata.